09 giugno 2020

Emergenza Coronavirus: quando sono i bambini a insegnarci come affrontare paure e preoccupazioni

La pandemia da coronavirus ha di fatto rappresentato per tutti noi un evento inaspettato e senza precedenti. Come tale essa ha profondamente e repentinamente stravolto gli equilibri delle famiglie nel loro complesso. I genitori hanno, infatti, dovuto reinventare la propria realtà lavorativa senza il supporto dei servizi per l’infanzia e senza poter contare sul ruolo dei nonni, divenuti all’improvviso persone fragili, da tenere il più possibile a distanza, al fine di poterli così preservare dal virus stesso. E mentre gli adulti, spaventati e frastornati dal cambiamento, cercavano di far fronte agli eventi, spesso lottando contro le proprie ansie e paure, i bambini, a testa alta come solo loro sanno fare, avanzavano verso un nuovo mondo, affidandosi a una bussola, che, a ben guardare, non punta a nord, ma verso luoghi misteriosi, che sono insieme sogni, desideri, occasioni. 

Saremmo portati a pensare che, con un mare in tempesta e senza una rotta già tracciata, i nostri bambini e ragazzi siano rimasti in balia delle correnti, impotenti di fronte all’ignoto. Invece, chiunque di noi abbia avuto il privilegio di interagire con i “piccoli umani” sa bene che essi posseggono risorse inimmaginabili. Sì, perché i bambini sono più forti di noi, sono più resilienti, più fieri, più equipaggiati di fronte ai cambiamenti, che diventano per loro una spinta evolutiva. 

Ogni bambino, infatti, affronta lo stress, il cosiddetto trauma nella sua accezione più ampia, in modo diverso, a seconda non solo delle sue caratteristiche individuali, ma anche del suo livello di età e di sviluppo. In generale, i bambini più piccoli o comunque con livello di sviluppo inferiore, soprattutto sul piano cognitivo e linguistico, tendono a manifestare il proprio disagio attraverso il comportamento. Chi diventando più schivo e isolato. Chi, al contrario, mostrando il proprio carico d’ansia sotto forma di irrequietezza, crisi di rabbia incontrollata e iperattività. 

Non solo. I bambini possono manifestare l’ansia in modo indiretto, nell’ambito di disturbi del sonno e dell’alimentazione, oppure attraverso alcune regressioni rispetto alle tappe di sviluppo precedentemente acquisite. Dopo la prima infanzia, dall’età di latenza allo tsunami della pre-adolescenza e adolescenza, emergono, invece, le richieste di spiegazioni, le angosce più strutturate, spesso agite più che espresse, attraverso “fragili e spavalde” provocazioni e opposizioni. Nella quotidianità di queste problematiche è dunque normale che i genitori si sentano spesso impreparati ad affrontare tali sfide educative. Soprattutto in quanto bersagliati da una pressante richiesta di perfezione genitoriale, che, oltre che impossibile, non corrisponde a ciò che i bambini stessi ci richiedono. 

Quello che dobbiamo cercare di offrire loro come educatori e clinici è, infatti, semplicemente uno spazio di ascolto e dialogo empatico, cercando di imparare da loro, di metterci nei loro panni, per comprendere il loro punto di vista. In particolare, nel caso dei più piccoli, parliamo di bambini che credono ancora nei miracoli, nella magia, negli scaccia-mostri, nelle pozioni magiche di cui, senza dubbio, le più potenti sono l’affetto e la vicinanza dei propri cari. Così, nel tentativo di aiutarli a decodificare la miriade di informazioni da cui siamo bombardati, non sarà nostro compito celare e camuffare, bensì filtrare, decodificare e rendere accessibile ciò che accade. 

La chiave di volta è, sempre e comunque, la relazione. E lo è senza l’obbligo di essere costantemente felici, ma, piuttosto, attraverso la condivisione aperta e sincera delle nostre emozioni, che divengono così reali, pensabili e, quindi, superabili. Se affrontiamo insieme il nuovo viaggio con queste coordinate ci accorgiamo che il lockdown ci ha regalato una nuova dimensione, all’interno della quale possiamo riscoprire e consolidare relazioni e legami. Così, a Villa Santa Maria non abbiamo certo la presunzione di possedere formule magiche o ricette per la felicità, irrispettose per coloro che, in questa pandemia, hanno perso i loro cari o, in prima linea negli ospedali, hanno guardato negli occhi il dolore più paralizzante e assoluto. Tuttavia, nel nostro piccolo, abbiamo avuto il privilegio di toccare con mano l’incredibile forza di coloro i cui bisogni educativi sono speciali per definizione, di chi appare fragile, ma in fondo, se sostenuto, può superare qualunque ostacolo. 

Abbiamo assistito, con incredula e rispettosa ammirazione, al coraggio di famiglie unite solo dall’amore e dal tramite prezioso, ma virtuale, di una videochiamata a casa. Ci siamo abituati, anche attraverso occhiali e mascherine, a commuoverci di fronte ai baci e alle carezze dati allo schermo di un cellulare, ascoltando le parole “mamma” e “papà” come se fossero pronunciate per la prima volta. Ovviamente non siamo immuni dalla virulenza di un nemico invisibile e in parte ancora sconosciuto, ma non smetteremo mai di lottare per tutto questo. 

Come colleghi abbiamo riscoperto un nuovo significato del proteggere, del prendersi cura. Ogni giorno entriamo in punta di piedi in quel pezzetto di mondo che abbiamo giurato di preservare. A volte, e qui lo dico con un misto di orgoglio e senso di colpa, mettendo questi bambini e ragazzi prima dei nostri stessi figli. Entriamo in un mondo nel quale si costruiscono rifugi e armi di cartone, per sconfiggere i mostri più spaventosi, dove una risata illumina davvero l’oscurità più impenetrabile e dove un abbraccio, anche se ora condiviso attraverso un doppio camice, cancella per un attimo ogni paura.

Più in generale, con fatica, tutti abbiamo imparato a inventare nuovi giochi, a studiare insieme, a sfornare pizze e biscotti, a fare jogging sulle scale di casa. Ed ecco, però, che, come nei videogiochi più adrenalinici, superato il livello più difficile, se ne apre un altro, chiamato “Fase 2”. Ed ecco che la paura si rinnova, ci coglie nuovamente di sorpresa. La quarantena della fase 1 aveva in un certo senso messo sullo sfondo, attenuato l’ansia da prestazione, che ora, invece, ritorna attuale. Saremo in grado di tornare alla cosiddetta “normalità”? E, ancora, le nostre relazioni con gli altri saranno diverse? Saremo ancora capaci di rimetterci in gioco? E, soprattutto, potremo farlo in sicurezza per coloro che amiamo? Sebbene con regole e limitazioni, siamo “liberi tutti”, ma con la stessa paura.

È allora il momento di fare davvero tesoro di tutto ciò che in questi mesi abbiamo faticosamente imparato, di non avere fretta, di non perdere la pazienza, ma maturare scelte ponderate e responsabili. Tutto questo con la consapevolezza che siamo comunque cresciuti insieme, diventando più forti, coraggiosi e consapevoli. I bambini, infatti, ci ricordano che, come nelle fiabe più belle e avventurose, quelle che ti tengono avvinto fino alla fine, ogni eroe che si rispetti non torna a casa senza attraversare profondi cambiamenti. Non si è più gli stessi dopo avere sconfitto il drago e salvato la principessa dalla sua altissima torre. E così, anche noi, indossando maschere che non sono mai state più autentiche e reali, affronteremo questa nuova prova con impegno, responsabilità, determinazione e, soprattutto, con tanto amore. Qui a Villa Santa Maria noi siamo pronti, e voi?

 

Dr.ssa Tristana Castrignanò

Medico Chirurgo 

Specialista in Neurochirurgia 

e in Neuropsichiatria Infantile

 


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